Paolo Simoncelli ha dovuto sopportare il dolore per la morte di suo figlio Marco, ma non ha mai abbandonato il mondo delle due ruote.
Un dramma che ha colpito l’Italia ed il mondo intero delle corse fu quello che si verificò il 23 di ottobre del 2011, quando Marco Simoncelli fu coinvolto nell’incidente mortale durante il Gran Premio della Malesia, sulla pista di Sepang. Campione del mondo della 250 con il brand Gilera nel 2008, il Sic era una delle grandi promesse del motociclismo, visto come l’erede di Valentino Rossi, con il quale, nel corso del tempo, si era creato un rapporto di sincera amicizia.
Il padre di Marco, Paolo Simoncelli, ha deciso di non abbandonare il mondo delle due ruote dopo la perdita del figlio, come molti avrebbero fatto dopo un evento così drammatico. Dal 2017 è presente nel mondo delle due ruote con il SIC 58 Squadra Corse, che debuttò in Moto3, per poi entrare nella neonata MotoE nel 2019. Il progetto sportivo mira ad aiutare le giovani promesse a farsi strada in un mondo che, come ben sappiamo, è sin troppo costoso e rende impossibile l’accesso a chi non ne ha le possibilità economiche.
Simoncelli, l’attacco ad un motociclismo che costa troppo
Paolo Simoncelli ha deciso di accendere i riflettori su una questione molto nota, ma troppo taciuta: quella dei costi elevatissimi delle serie minori, tutto ciò che serve per poter raggiungere, un giorno, la MotoGP. Secondo lui, troppi ragazzi viziati arrivano in questo mondo spinti dai soldi che possono presentare ai vari team, mentre coloro che meritano per davvero vengono tagliati fuori da costi esorbitanti. Per la prima volta, c’è qualcuno che apre veramente un dibattito serio su un argomento molto delicato.
Ecco il commento di Simoncelli: “Il mio obiettivo è quello di aiutare chi, altrimenti, non avrebbe la possibilità di correre. Il motociclismo è troppo costoso, molti piloti veloci non hanno l’occasione di mettersi in mostra. Tutto ciò attira i bambini viziati che non hanno preoccupazioni finanziarie e non sono interessati realmente a correre. A mio parere, questo uccide l’essenza stessa del motociclismo. Dobbiamo rendere il nostro sport più accessibile ed aprire le porte a chi merita davvero di farne parte“.