Tensioni in Libia minacciano le forniture di petrolio. Automobilisti italiani col fiato sospeso per possibili rincari alla pompa.
Gli ultimi due anni sono stati una vera montagna russa per i prezzi dei carburanti in Italia. Dopo il crollo durante i lockdown del 2022, abbiamo assistito a una ripresa vertiginosa nel 2023, con picchi che hanno sfiorato i 2 euro al litro per la benzina. Il 2024 si era aperto con una relativa stabilità, ma ora nuove nubi si addensano all’orizzonte.
La rinnovata crisi libica con nubi nere che si addensano all’orizzonte potrebbe essere la scintilla che riaccende il fuoco dei rincari, in un mercato già provato da oscillazioni continue. Gli automobilisti italiani, che speravano in un po’ di tregua, si ritrovano ancora una volta a fare i conti con l’incertezza. E con i costi pronti a schizzare di nuovo alle stelle.
Il cuore della questione è a Bengasi, dove il governo locale ha deciso di chiudere i rubinetti del petrolio. Una mossa che sa di rappresaglia politica, nata da una disputa sul controllo della banca centrale libica con il governo di Tripoli. Ma le onde di questo terremoto politico rischiano di propagarsi fino alle nostre stazioni di servizio.
La Libia non è un fornitore qualunque per l’Italia: è il nostro primo partner per l’approvvigionamento di oro nero. Nei primi cinque mesi del 2024, abbiamo importato ben 260.000 barili al giorno da questo Paese nordafricano, con un aumento del 39% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Numeri che fanno capire quanto sia cruciale questa fonte per il nostro fabbisogno energetico.
Lo stop annunciato da Bengasi potrebbe tradursi in una riduzione di 900.000 barili al giorno sul mercato globale. Una cifra che fa impallidire, considerando che la produzione totale libica a luglio si attestava a 1,15 milioni di barili. I mercati, sensibili come sismografi, hanno già registrato le prime scosse: il prezzo del barile è salito del 3% all’annuncio della chiusura dei rubinetti. Anche se poi la situazione sembra essersi stabilizzata, con il Brent che oscilla intorno agli 81 dollari al barile, l’incertezza regna sovrana.
Per l’Italia, il rischio è concreto. Se la crisi dovesse protrarsi, potremmo trovarci costretti a cercare nuovi fornitori, in un mercato già teso e volatile. E sappiamo bene cosa significa: prezzi più alti alla pompa per tutti noi. La situazione è in evoluzione, con il governo di Tripoli che non ha ancora confermato lo stop e la compagnia petrolifera nazionale libica (Noc) che mantiene un silenzio carico di tensione. Ma gli ingegneri sul campo parlano già di interruzioni e riduzioni della produzione in diversi giacimenti chiave.
In questo scenario incerto, gli automobilisti italiani si trovano a guardare con apprensione i cartelloni dei prezzi nei distributori. La speranza è che la diplomazia possa risolvere rapidamente la crisi, evitando un’impennata dei costi che graverebbe ulteriormente sui bilanci familiari.
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