Il Nuovo Codice della Strada genera polemiche e lascia tutti senza parole, ma cosa è successo? Al centro del mirino c’è Matteo Salvini.
Sono proprio gli automobilisti, e non solo, a non gradire questa manovra che lascia davvero molti dubbi e crea moltissime perplessità.
Misure strutturali devono essere predisposte per riuscire a diminuire il numero degli incidenti e per garantire maggiore tutela a quelli che sono gli utenti maggiormente vulnerabili. Le critiche arrivano direttamente dall’Ancma e dalla Fiab che attaccano in prima persona Matteo Salvini.
La stroncatura più netta è arrivata dalla Federazione italiana ambiente e bicicletta che ha trovato assurdi i cambiamenti e creato un po’ di polemica. Una situazione da considerarsi totalmente inaccettabile e che ha mosso critiche anche da parte di diversi altri utenti. Andiamo a leggere più da vicino cosa è successo e perché si è agitata tanto la massa.
Sono due i punti in particolare che hanno portato alla polemica sul provvedimento e cioè la stretta sui monopattini e quella sulle biciclette voluta da Matteo Salvini. Il 7 giugno scorso il Ministro di Infrastrutture e Trasporti ha specificato: “Il pacchetto interverrà anche sulla mobilità dolce, sulle due ruote che non erano disciplinate ovviamente nel 1992 prevedendo casco, assicurazione, frecce e targa obbligatorie per monopattini e bici”.
La Fiab ha specificando: “Agendo in questa direzione non si interviene su quelle che sono le tre principali cause di collisioni stradali e incidenti cioè velocità elevata, distrazione, mancanza di precedenza agli attraversamenti e molto altro.”
Anche l’ANCMA (Associazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori) ha specificato: “Si tratta di misure che non vanno nella direzione di ottenere maggiore sicurezza, per la quale serve un impegno strutturale ed educativo a tutela di chi usa la bici, che è un utente debole della strada“.
Di fatto sarebbe anche un autogol incredibile quello di ritrovasi a perdere a livello economico perché il nostro paese di uno dei primi produttori di biciclette dell’Eurozona, un comparto che vale fino a 3.2 miliardi di euro.
Una cosa che la Fiab specifica non ha dato risultato, spiegando: “La Svizzera è stato l’unico stato a sperimentare in passato obblighi analoghi a quelli che si vedono oggi in Italia, decidendo poi di abolirli dieci anni fa, perché ritenuti inutili promuovere l’uso delle due ruote sia come stradale“.
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