Alessandro Calò è stato protagonista di un record pazzesco nell’ultraciclismo. Ha percorso ben 5800 km pedalando per 201 ore e noi l’abbiamo intervistato.
Protagonista del mondo dello sport ha dimostrato di essere personaggio di grandissimo spessore che ha raccontato delle cose molto interessanti.
Passiamo alle sue parole.
Il suo record parla di 201 ore in sella con un percorso di 5800 km. Come si prepara un’impresa del genere?
“Non è nato come un record, ma come una preparazione in programma della mia Race Across America. Siccome vedevo che le persone che si accingevano a fare quella gara pedalavano quelle ore, dormendo quasi niente, ho provato a vedere quale erano le mie capacità. All’epoca per vivere lavoravo nelle palestre e facevo dalle sei alle otto lezioni giornaliere perciò quello che è diventato un record lo è stato in modo inconsapevole da parte mia. Era un test per verificare se quello che aveva in mente Johnny Goldberg, l’inventore dello spinning, mi aveva detto che ero in grado di fare anche se non ero un ciclista. Mi è andata bene ed è diventato un record”.
Come ha fatto a gestire i tempi e a mantenersi costante durante il percorso?
“Già da tempo programmavo dei microsonni, già in allenamento, facevo dei test per verificare la capacità di fare dei microsonni in attività. Cosa che sotto controllo medico e l’aiuto delle persone specifiche sarebbero intervenute. La pianificazione è che durante tutto il periodo c’era sempre qualcuno che era presente e doveva intervenire, soprattutto durante la notte, in caso di problemi. Era stato tutto pianificato. L’unico momento di inconsapevolezza e pericolo è stato quando io ho perso il controllo mentre ero sulla bici stazionaria, mi sembrava che il manubrio mi si sfaldasse sotto le mai e sono caduto di muso sul manubrio. Sarà stata una perdita di coscienza, qualcosa del genere, come specificato dai medici Di Petranontio, Massimo Mercuri che mi seguivano in quel periodo”:
L’ultra-ciclismo è un percorso che si sta ampliando negli ultimi anni. A che punto siamo arrivati in Italia?
“In alcune situazioni che ho potuto constatare, ho partecipato con atleti che allenavo io, l’organizzazione è ben presente. Non dico impeccabili, ma ben organizzate per sopperire ai problemi dei ciclisti. Cosa che negli Stati Uniti è meno controllata, anche nelle gare più importanti, come Race Across America stessa, ogni tanto incidenti mortali o similari ci sono stati”.
Alessandro Calò e l’Ultraciclismo, ecco cosa ci ha detto
Alessandro Calò ci ha rilasciato una splendida intervista raccontandoci anche qualcosa della sua vita personale.
Lo consiglierebbe a un giovane ragazzo questo tipo di percorso?
“Perché no! Forse è uno dei metodi migliori per arrivare a capire cos’è la vita e quanto è bella, vederla nel modo più suggestivo e veritiero. Essere consapevoli delle proprie possibilità e capacità. Mentalmente è un grande aiuto. Gli allenamenti per raggiungere certi obiettivi, e le gare stesse, più che a livello fisico è una grande crescita a livello mentale. Lo consiglierei a tutti i giovani di provarci, poi se non ci si riesce va bene uguale. Ci sono gare anche come le randoné dove mi sono cimentato per verificare se ero in grado di fare una cosa importante, sono cose belle perché sono molto ben viste dalla gente che ti circonda ovunque trovi amici che ti circondano e ti aiutano. È un ambiente familiare che la società d’oggi sta perdendo”.
Cosa serve per arrivare ad alti livelli?
“È un lavoro, più duro di un lavoro. Ci vuole tanta volontà, un po’ di capacità e soprattutto non aver paura. Sono i tre elementi indispensabili per arrivare ad alti livelli. Nemmeno paura della morte perché se no non arrivi o arrivi tardi. Devi affrontare la vita e la gara a viso aperto e sai benissimo le conseguenze. Se non sei preparato bene sai e conosci i rischi anche i più brutti. Ogni volta che partivamo sapevamo che quanto successo a qualcun altro poteva succedere anche a te”.
Chi è Alessandro nella vita normale?
“Faccio l’insegnante, istruttore, personal trainer e anche di gruppo, spinning in uno dei centri sportivi più importanti a Roma. Il mio lavoro è abbinato al lavoro personale per allenare persone ad andare in mountain bike e bici da strada per avviarle a gare più o meno importante. Può essere anche un’ultramaratona come è successo a Paolo Braico che ha avuto i risultati migliori o Alessandro Strano triatleta o Celli, tantissimi altri ragazzi. I gruppi che ho avuto sono tutti venuti per raggiungere cose o situazioni che frequentavano. Dalle prime pedalate capisci dove può arrivare una persona e stiamo allenando ragazzi e ragazze. Quelle che mi sembrano più volenterose, ma non mi stupisco, sono le donne. Già da tempo a livello mondiale stanno frequentando l’ambiente ciclistico in modo più assiduo e con tanta prepotenza e obiettivi che si avvicinano a quelle dell’uomo. Le ultime gare della Race Across America le vincitrici sono state donne e la dice lungo nell’unificazione dei rapporti degli esseri viventi. Se la volontà nella donna è superiore, prevale. Ho sempre portato nelle gare più importanti i miei figli dietro, Laura e Lorenzo, che oggi sono un uomo e una donna con lavori importanti. Lorenzo lavora alla Ernest & Young di Roma e Laura in un’associazione a Bruxelles per il progetto dell’unificazione degli attestati di laurea in Europa. Anche a loro ho insegnato a vivere l’ambiente da portare nelle loro professioni. Penso che sia importante. Nella vita privata sono sposato con Antonella, una donna che mi sta aiutando molto e che sto aiutando a mia volta. Il lavoro prosegue in un ambiente che frequento da venticinque anni e per lo spinning devo ringraziare chi mi ha aiutato, Sergio Valenzano che mi ha certificato per primo, Johnny Goldenberg che mi ha aperto le porte alle ultramaratone e Alfredo Venturi che è la persona che avevo a fianco per quanto riguarda gli studi e l’amicizia che ci lega da oltre vent’anni. In particolar modo ricordo Stefano Orsini della Rai, Giacomo Crozza di Mediaset, Carlo Monteverde che sono giornalisti che hanno scritto a mia insaputa. Dal 2012 utilizzo la telemetria, tutte le persone che vengono da me e si fanno allenare vengono monitorate singolarmente, con sensori che controllano la condizione fisica e come va migliorata”.