Presto potremo ricaricare le auto elettriche in meno di cinque minuti. L’intuizione rivoluzionaria ha radici americane.
Pensate che bello se per riportare al 100% la batteria del proprio EV ci volesse il tempo di un caffè. Oggi, sembra fantascienza visto che normalmente siamo nell’ordine di ore, ma in un futuro nemmeno tanto prossimo potrebbe accadere. Tutto merito di un colosso americano esperto in tecnologie di altissimo livello.
Un nome piuttosto noto, anche se in un campo che nulla ha a che fare con l’automotive. L’idea è quella di usare il sistema energetico a fissione nucleare, tipico delle missioni nello spazio.
Batterie auto ultra veloci, chi c’è dietro allo studio
Tutto merito della NASA che, oltre alle missioni spaziali, sta altresì mettendo a punto pompe di calore a compressione di vapore e sistemi di controllo termico. Tali elaborazioni puntano infatti ad implementare il loro raffreddamento, riducendo in maniera importante i volumi di tali dispositivi. Queste sono problematiche comuni a quelle che stanno affrontando i costruttori a proposito delle auto elettriche, motivo per cui l’avvicinamento ad una risoluzione potrebbe essere dietro l’angolo.
Il progetto Flow Condensation and Boiling Experiment della Purdue University indirizzato verso la velocizzazione del processo di recupero dell’energia, prevede esperimenti sul flusso dei fluidi, come sul trasferimento del calore in un contesto di microgravità. Da qui all’applicazione sugli EV il passo è breve. Il piano è sicuramente ambizioso e se dovesse trovare concretezza, il processo di ricarica potrebbe ridursi ad appena cinque minuti, quindi una tempistica non troppo dissimile a quelle delle vetture a motore endotermico che fanno il pieno al distributore.
E’ chiaro che in questa maniera si potrebbe dare impulso al mercato dell’elettrico, visto che due delle ragioni del diffuso scetticismo sono rappresentate dalla scarsa autonomia e dalla lentezza del recharge. Anche se in vetta alla classifica delle vendite troviamo la Model Y di Tesla, marchio emblema dell’alimentazione a batteria, la stessa casa americana non ha ancora una soluzione per velocizzare la ricarica elettrica.
Qualcuno potrebbe obiettare che esistono già delle colonnine superveloci, messe a disposizione dal gigante di Elon Musk, ma altresì da Mercedes e da altri big della produzione automobilistica come Porsche. Effettivamente è così. Tuttavia l’offerta è limitata e in ogni caso non certo tanto rapida. Attualmente, il massimo della velocità di ricarica media è paragonabile ad un quarto d’ora di tempo, impiegato dalle auto per arrivare da 10% al 80% della loro batteria.
Va detto che a dispetto di tutto, come al solito, dall’idea alla messa in opera ce ne corre. Le criticità da affrontare sono numerose. Ad esempio quella dell’intensità della corrente. Per poter fare il pieno di energia in un lasso temperale tanto basso bisogna generarne una che sia almeno pari a 1.400 Ampere. Un ostacolo non indifferente se si pensa che il più moderno caricabatterie raggiunge al massimo quota 520, mentre quelli più diffusi sono addirittura al di sotto dei 150.
Con questo concetto torniamo al discorso iniziale. Produrre una tale carica elettrica significa rilasciare una grande quantità di calore, che, ovviamente deve essere smaltita, per cui finché non si migliora il raffreddamento questa pratica non potrà essere adottata.
E qui si va ad inserire lo studio della NASA che farebbe passare il liquido refrigerante dielettrico in modo tale che alla pareti del condotto si formino delle bolle che poi si staccano e danno modo all’altro fluido di portarsi in quell’area trasferendo il calore in maniera efficiente. La buona notizia è che tramite il cavo della Purdue, di ampere ne vengono prodotti 2.400, quindi più di quello che sarebbe necessario per la ricarica superfast.