Le vetture elettriche invaderanno le nostre strade dal 2035. La dead line parla chiaro. Ecco cosa sta accadendo in sede Europea.
Dietro alla diffusione delle EV, c’è la mano della politica europea che ha scelto di insistere su questa tecnologia a tal punto da fissare un termine per lo stop definitivo alla vendita delle vetture termiche. La vecchia guardia non è disposta a passare alle auto a batteria per una serie di ragioni. Prima di tutto c’è l’aspetto economico che è sempre un tema delicato.
Chi è cresciuto con il sound di V8 e con l’odore della benzina, difficilmente adatterà al propria vita ad un’auto elettrica. Difatti oggi è quello che accade con gli acquirenti che sono costretti a seguire le dinamiche di ricarica dei veicoli, attendendo anche ore presso le colonnine. Per di più le infrastrutture sono esigue e non tutti possono vantare uno spazio o un box privato dove possono, autonomamente, ricaricare le proprio EV.
Vi sono tantissimi motivi che spingono gli automobilisti a continuare a viaggiare sulle loro care e vecchie vetture a benzina o diesel, senza alcuna intenzione di cambiare mezzo. In questo scenario atroce di crisi dell’automobile i costruttori europei sono preoccupati dalla concorrenza della Cina. Quest’ultima, infatti, ha fatto passi da giganti, potendo vantare su materie prime ed un lavorazione a basso costo.
Il rischio è che l’Europa venga fagocitata dai major cinesi. Molte case costruttrici nostrane sono state costrette a rivedere i loro piani, dovendo convertire l’attività. Chi, come Tesla ad esempio, è nata già con l’obiettivo di produrre solo vetture ricaricabili presenta enormi vantaggi. Per di più i prezzi applicati dai brand europei sono molto elevati e anche le EV top saranno costrette, dopo un certo numero di anni o di ricariche, alla sostituzione dell’intero pacco batteria.
Lo scenario è critico anche sul piano dei posti di lavoro di coloro che, sino ad oggi, non hanno mai lavorato con questa tecnologia, ma l’Associazione europea dei costruttori di autoveicoli, alla vigilia della conferenza sul clima COP 28, ha messo in evidenza i punti cardine di una strategia che dovrà tutelare l’intera industria, coinvolgendo i giovani in un percorso inevitabile per non rimanere indietro.
Secondo le analisi di Sigrid de Vries, direttore generale di Acea, il 2023 si chiuderà con un totale di 10,4 milioni di autovetture prodotte in Europa, con una crescita del 12% rispetto al 2022, ma in ogni caso ad una soglia inferiore del 20% rispetto al 2019. Prima della pandemia si respirava un’altra aria è il caso di dire. Oggi tutto è cambiato ma le prospettive future non sono così malvagie. Si parla già di un incremento nel 2024 del 2,5 %, fino a quota 10,7 milioni di unità, ma non si andrà oltre.
Del resto, i lavoratori si vedono coinvolti in una trasformazione radicale. Il mercato delle EV dovrebbe esplodere nei prossimi anni, in teoria, ma rimangono dei dubbi sulle strategie adottate. Si parla di un approccio olistico alle sfide dell’industria automobilistica. I problemi sono svariati a partire da quello culturale. L’Italia sembra restia a lanciarsi in questa rivoluzione. Gli italiani, del resto, stanno attenendo sviluppi e si rischia di rimanere attardati rispetto ad altre realtà europee. Senza parlare dei ricchi Paesi del Nord Europa, ma il gap già dalla Francia è notevole. L’idea è quella di fare dell’Europa un polo di produzione di veicoli green, ma per ora sembrano parole al vento. La Cina sarà il vero polo, salvo clamorose inversioni ad U in sede europea.
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